5 nov 2018

Quando ai tacchi si scelgono i tacchetti...





Perché, perché la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita di pallone…Perché…u-u-una volta non ci porti pure me?!?”.


Ahhh, mia cara Rita Pavone, sapessi quanti palloni son trascorsi da questo tuo ritornello un tantino piagnucolante, ammettiamolo.
Ora, non solo le donne non attendono più a casa, sole e sconsolate, che il proprio compagno rientri dallo stadio, ma acquistano un biglietto, vanno in curva (sud o nord, ha poca importanza), sfoderano bandiere e sciarpe ed intonano cori al pari del loro alter ego maschile.

Maschiacci!  Chissà quante volte saranno state etichettate così, eh?
Ma ancor peggio dev’esser andata quando con grinta e determinazione, e perché no?, anche con un pizzico di passione, alcune giovani donne hanno deciso di prendere un pallone, palleggiare e tirare in porta, magari pure realizzando un goal, talmente "ganzo" da far rosicare i “puristi” (maschi) di questo sport.

Se per un bambino iniziare a praticare questa disciplina sportiva è quasi un obbligo, per una bambina il discorso si  complica e molti  nasi iniziano a storcersi.😒

Ebbene sì, il calcio, più di altri sport, è territorio indiscusso del “macho man” per eccellenza, e poco si presta, secondo l’immaginario collettivo, ad essere associato alla figura femminile soprattutto in versione calzoncini, parastinchi e tacchetti.

Eppure scegliere di essere una calciatrice non significa solo seguire una passione ed un ideale sportivo, spesso diventa per molte protagoniste una rivendicazione di diritti negati, una vera e propria lotta per l’uguaglianza.

Nel 1933 il CONI interdì i campi da gioco alle donne. La motivazione? Cito testualmente: “il pallone è pericoloso per il loro aspetto estetico e riproduttivo”. Ok. Confesso che dinnanzi ad un’affermazione così aberrante, il mio primo istinto è stato quello di prodigarmi in una sonora risata che ha ampiamente surclassato il mio moto di indignazione. 
Aspetto estetico e riproduttivo”… come dimenticare del resto quanto la propaganda fascista abbia lavorato alacremente per instillare nelle menti dell’epoca questo patriarcale ed arcaico concetto della donna “moglie, madre, casalinga”.
In quegli anni giocare di nascosto da padri, mariti e fidanzati divenne la norma.

Cinquantatré anni dopo (1986), la FIGC (Federazione Italiana Gioco Calcio) decide di inglobare il calcio femminile ma a tale riconoscimento non corrisponde un equo trattamento per le calciatrici rispetto ai loro colleghi maschi.
Un esempio su tutti: le atlete di serie A o le partecipanti alla Champion’s League sono considerate dalla Federazione delle “dilettanti”.😲
Mugugnare e disapprovare ciò è un nostro sacrosanto diritto!

Quando poi ci si sposta al Sud, la differenza tra maschi e femmine diventa più nitida, quasi tangibile, forte anche di retaggi e pregiudizi che resistono malgrado il mondo sia proiettato al futuro. Già, un futuro tecnologico ma non culturale.

La promozione e diffusione di una cultura paritaria sono solo alcuni dei molteplici aspetti che favorirebbero lo sviluppo economico e sociale di un Sud troppo spesso “terra di assenze e mai di presenze”.
E ciò non fa che mortificare le tante eccellenze del territorio che a fatica e con non pochi ostacoli cercano un proprio posto nel mondo.

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E’ il caso dell’ASD Sporting Locri, squadra rivelazione di serie A calcio a cinque femminile, (unica in Calabria) che, dopo sei anni di traguardi e grandi soddisfazioni sul palcoscenico nazionale, ha dovuto chiudere e sospendere ogni attività a seguito di minacce e ritorsioni alle proprie giocatrici. Avvertimenti in stile mafioso contro un hobby, una passione sportiva. 

Come potremo mai pensare di crescere ed evolverci laddove si consenta a certi “quaquaraquà” di colpire ed umiliare delle atlete, la cui unica “colpa” è quella di giocare a calcio?

Urge una sana e consapevole rivoluzione culturale che spazzi via una volta per tutte l’insano tabù che i tacchetti sianoper soli uomini”.


Il Sud, in particolar modo la Calabria, avrebbe un disperato bisogno di realtà positive come l’ASD Sporting Locri.
C'è bisogno di ragazze, fimmine, vittoriose che sradichino questi preconcetti errati, un po’ come si fa con la gramigna.
La nostra terra, ed in un'ottica più generale, l'Italia, deve nutrirsi di passioni realizzate e di sogni avverati, meglio ancora se femminili, perché dietro la loro emancipazione passa sempre una storia di lotta, caparbietà e spirito vincente.

La strada è lunga e tortuosa. Dopotutto, nel corso della storia, nulla a noi, donne, è stato concesso con facilità. Spesso si son sacrificati affetti ed ingoiati rospi grandi quanto dei cinghiali, solo per veder riconosciuto l'appannaggio di una parità di genere.

Ad ogni modo, a Rita Pavone preferisco 10, 100, 1000 volte Jovanotti ed il suo bellissimo mantra: "io penso positivo perché son vivo, perché son vivo... e niente e nessuno al mondo potrà fermare quest'onda che va, quest'onda che viene e va...". 
Oh, lo so 😏 che state canticchiando con me il buon caro Lorenzo. Continuate, continuate pure. L'onda non si arresterà. Essa è vitale e dirompente proprio come la piccola rivoluzione che si sta delineando all'orizzonte . 



Pertanto dalle società sportive moderne ci si attende d'ora in poi l'attuazione di due operazioni, complementari l'una con l'altra, ossia a) un consistente investimento in un settore che, già, mostra elevati margini di crescita con ottimi rendimenti economici; e b) la promozione e diffusione di campagne di marketing mirate che “educhino” al rispetto ed alle pari opportunità tra squadre femminili e squadre maschili, proprio come avviene all’estero, dove questo tipo di realtà rappresentano delle vere e proprie frontiere dell’avanguardia femminista.

👋Bye bye, Rita Pavone... vai ed insegna alle gatte morte come si prepara una buona pappa al pomodoro!😘

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