Mi sovviene un interrogativo:
con tutte le norme, i regolamenti, i decreti, le leggi, i manuali di
istruzione, i bugiardini medici, che il nostro Paese vanta e di cui a volte se
ne ignora non solo l’esistenza ma persino si rinuncia alla elementare
comprensione, com’è che non si riesce ad evitare le molestie telefoniche di
natura pubblicitaria?
E’ uno stress senza tregua che raggiunge il culmine nei
momenti più topici della tua giornata. Faccio un esempio: sei sotto la doccia e
tra uno scroscio d’acqua e fumi di vapori ti giunge come un suono lontano ma
ben distinto la squillo del telefono. Alzando gli occhi al cielo, scivoli fuori
dal box, facendo attenzione a non eseguire complicate movenze pro lussazione
del bacino, ed afferri un asciugamano senza smettere un solo secondo di
sbuffare, peggio di un toro durante una corrida, mentre ascolti con aria
smarrita quel suono insistente e continuo. Ed è in questo preciso momento che
scoppia il dramma: dove diavolo è finito
il cordless?!?
E sì, perché il portatile sarà anche una fantasmagorica
invenzione ma possiede lo stramaledetto vizio di eclissarsi, beffandosi delle
tue improcrastinabili esigenze e dei fattori ansiogeni, causati da quello
squillo incessante e proveniente da luoghi remoti e sconosciuti. Una volta,
seguendo la traccia sonora dell’ululato, lo trovai nel frigo tra lo yogurt ed
il prosciutto.
Credo di aver perso il conto delle tante volte che ho rimpianto i
telefoni grigi dall’inconfondibile rotella. Sì, proprio quelli che rientrano
nei ricordi infantili o adolescenziali di chiunque e che trasmettevano una certa sicurezza. In fondo,
bastava seguire il filo prima ancora del trillo. Sapevi che erano lì, sempre nello
stesso posto ad attenderti, senza dover fomentare inutili cacce al tesoro.
Tuttavia,
una volta recuperato l’oggetto stregato, il tuo dito è pronto a pigiare il
tasto di risposta, rivelando così l’identità dell’ostinato interlocutore:
ossia, l’ennesimo operatore di un indefinibile call center, intento a proporti,
venderti, o più semplicemente, a rifilarti tutto quello di cui tu non hai assolutamente bisogno!
E lì inizia il mio scoramento senza fine nel dover
concludere la telefonata nella maniera più gentile ed educata possibile,
declinando con fermezza ogni tentativo di offerta, sulla scia del ben noto "ringrazio, rifiuto e vado avanti".
Lo
spirito con cui si accolse il celeberrimo registro
delle opposizioni fu esattamente lo stesso di quando si assiste al cinema
all’entrata in scena di Superman, pronto a salvare l’umanità dalla minaccia di
un imminente disastro nucleare. Fu un tale senso di sollievo, il cui abuso donò assuefazione o inspiegabili stati di ilarità. Finalmente, esisteva una
soluzione in grado di porre fine al devastante bombardamento telefonico. E vaiii!!!
Peccato
che si trattasse di una mera utopia: e sì, perché il super-registro è dotato di superpoteri piuttosto scarsi e limitati
di fronte allo strapotere del telemarketing di nuova generazione. Iscrivendosi,
sostanzialmente si acconsente affinché il proprio nominativo venga eliminato da
eventuali liste compilate attraverso gli elenchi telefonici, ma non preserva da
tutte quelle altre infime adesioni relative all’utilizzo dei propri dati
personali che, per un motivo o per un altro, giorno dopo giorno, si è costretti
a firmare: si vedano, i contratti
bancari, le carte fedeltà, i questionari sulla customer satisfaction del
fruttivendolo, ecc. ecc.
Pertanto,
quando credi di essertene finalmente liberato, ecco che ritorni ad essere
bersagliato telefonicamente con ritmi più aggressivi. Ammetto che in rare
occasioni ho lasciato che la conversazione tra me ed uno di questi operatori
durasse più di dieci secondi.
La ragione è semplice: mi fanno tenerezza. D’altronde,
non svolgono né più e né meno che un lavoro per cui vengono legalmente
sottopagati. Spesso ascoltando alcune di quelle voci, se uno presta maggiore
attenzione, può cogliere dei messaggi subliminali: “ancora un minuto, concedimi ancora un minuto, così quella iena del team
leader nota l’impegno che ci metto!”, oppure: “quanti bei sogni frantumati, rincorrendo una laurea che mi ha aperto
solo le porte di un call center!”; o peggio ancora: “ma perché devo raccontare tutte queste balle?!?”.
Non lasciatevi però ingannare: esistono anche quelli scaltri ed astuti che riescono
ad intortarvi con finte ricerche di mercato o facendosi passare come operatori
accorti, intenti a rilevare problemi per poi, dopo mezzo secondo, proporsi come la soluzione provvidenziale.
Sono i più pericolosi: in questi casi, occorre troncare la telefonata nel più
breve tempo possibile, con la stessa rapidità di movimento che applicherebbe un
terrorista che teme di essere rintracciato dalla Cia.
Altrettanto rischiosi
sono gli stalker pubblicitari che intasano la casella di posta elettronica,
attuando uno spamming talmente globalizzato da trovarti le bestemmie in
cirillico di uno sconosciuto ucraino. Mal
comune, mezzo gaudio!
Sulla stessa linea, gli sms pubblicitari: ad esempio,
da quando ho cambiato operatore telefonico, ricevo settimanalmente offerte,
richieste, suppliche e piagnistei vari e diversificati affinché ritorni al primo amore di telefonia mobile. Un
amante rifiutato avrebbe impiegato un nano secondo nel capire che non c’è più
trippa per gatti e conservato almeno la dignità di una civile ritirata. Questo
invece non molla: più che innamorato, direi che è proprio disperato!
Però,
fra una molestia e l’altra, devo ammettere che mi son anche divertita ad
assistere alla creatività dei miei genitori nell’eludere questo genere di
telefonate. Ho visto mio padre esibirsi in una filippica contro l’egemonia
mediatica di Mister B., un’arringa degna del miglior copione da telefilm
americano, per poi trasformarsi in un maggiordomo dall’accento asiatico. E che
dire delle perfomance teatrali di mia madre? Un giorno impersonava Irina, la
badante russa; il giorno successivo era la nonna sorda; tre giorni dopo
indossava i panni di un’indaffarata donna d’affari, super impegnata e
costantemente con il piede fuori dalla porta. Ma il top è giunto quando l’ho
sentita modulare la voce ed assumere toni infantili, mentre elencava i motivi
per i quali amava l’Ape Maya. Inutile dire che ho iniziato a rotolare sul
pavimento, percorsa da un irrefrenabile attacco di allegria. Confesso pure di
aver provato pietà per gli interlocutori dall’altra parte della cornetta!
Adesso, vi risulterà estremamente chiaro il perché
non mi prodigo più nel rispondere alle chiamate telefoniche che arrivano a
casa. Non appena odo il trillo, conquisto il divano e provo ad indovinare quale
personaggio prenderà vita dalla creatività genitoriale.
Quindi,
mio caro operatore da call center, se non vuoi rischiare la tua salute
psichica, scarta il mio nominativo dalla tua lista e passa a quello successivo.
Magari sarai più fortunato ed eviterai di beccarti improperi immeritati!
Al contrario, informo i
miei amici che se qualcuno di voi fosse interessato allo spettacolo (perché
tanto so che l’appello suddetto resterà inascoltato), sappia che senza
un’adeguata scorta di patatine e popcorn, mi riservo il diritto di vietare l’ingresso.
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