“Ehi,
Ale…devo
presentarti una persona…”.
Quando
qualcuno dei miei amici esordisce con questa frase, io inizio a farmi assalire
dal panico ed a sudare freddo.
Non so
se è capitato anche a voi, ma trovo che uno degli aspetti più odiosi dell’esser
single sia quello di assistere ad una pietosa, quanto mai deprimente, sfilata
che i miei amici organizzano esclusivamente
nel mio interesse allo scopo di presentarmi qualcuno che, secondo il loro
insindacabile giudizio, è fatto apposta
per me.
In particolare, gli
spettacolini sono frequentemente orchestrati dagli amici già “accasati”, che sembrano
fremere di eccitazione nel perlustrare palmo a palmo ogni metro quadrato della
città alla ricerca di un single appetibile da destinarmi. Puntualmente, quando tutto
è preparato in maniera quasi maniacale, resto imbambolata a domandarmi se
questa ridicola caccia alle streghe sia frutto di un sincero interessamento nei
miei confronti o se, adducendo la scusa delle ben note responsabilità, seguita
dalle puntuali menate sul prima o poi
bisogna crescere, non sia semplicemente un loro modo di attenuare l’invidia
profonda che nutrono circa il mio status sentimentale.
Tuttavia,
in nome della sacrosanta amicizia, ci passerei anche sopra su tali aspetti non
molto edificanti se almeno azzeccassero il soggetto, non dico giusto, ma
quantomeno vicino a quelle che sono le mie vaghe aspettative. Invece, niente! In sostanza, ben
vengano i consigli degli amici, le spalle su cui piangere, le risate in
allegria, ma alcune volte sarebbe più opportuno rispondere loro con un bel "fatevi i
fattacci vostri" appropriato.
E non nego che in gioventù io abbia spesso represso l’istinto di urlarlo, specie quando ci si doveva
recare alle feste e la maggior parte delle mie amiche era già “accompagnata”.
Inoltre, nelle ore che precedevano l’appuntamento, assistevo con aria annoiata alla
redazione della top list di potenziali candidati, accuratamente selezionati tra
gli amici dei fidanzati. Non ero molto avvezza alla vita festaiola, a
differenza delle mie amiche, e con gli anni ho mantenuto questa sana abitudine!
Quindi con chi mi accompagnavo era, dal mio punto di vista, irrilevante: alla fine
mi divertivo come una matta osservando gli approcci dei miei coetanei e
raggiungendo presto il brivido dell’ebbrezza senza dover ricorrere ai
superalcolici. Mi bastava una Coca-Cola, liscia e senza ghiaccio. Chi ha
vissuto con me quegli anni sa perfettamente che non invento nulla!
Se mi soffermo solo un secondo a
pensare a quegli anni vissuti con spensieratezza, beh un po’ di nostalgia mi
assale, tanto da concedere una certa benevolenza nei confronti dei miei amici e
verso ogni azione da loro architettata allo scopo di farmi abbandonare la mia
indole da perenne debuttante.
Fondamentalmente,
mi ritengo fortunata: hanno “peccato” solo poche volte ed ormai credo che si
siano miseramente arresi, a causa anche dell’ultima passerella, in cui ho
praticamente massacrato (divertendomi) un tizio, smontando pezzo dopo pezzo la
sua arietta da “uomo-che-non-deve-chiedere-mai”.
Comunque, in alcune circostanze, la fase
del presentar qualcuno non coincide sempre con l’appiopparmi un esemplare di
sesso maschile rigorosamente confezionato da altri. No, no. Nella maggior parte
dei casi si tratta anche di un amico o amica che ha l’esigenza ed il piacere di
farmi conoscere la persona con cui in quel momento si frequenta.
Una piccola premessa occorre farla:
credo molto nel valore dell’amicizia, molto probabilmente più dell’amore. Un amante perso fa meno male del tradimento di un amico caro. E brucia tanto,
specie per chi come me in questo sentimento investe tanto di sé, illusioni,
sogni, speranze, fallimenti. Ad un amico fai dono
delle emozioni più profonde, quelle che crescono con te e formano la tua
personalità, caratterizzando quel rapporto senza tempo.
Ora, sarà per la mia solarità, sarà
perché tendo ad essere continuamente l’amica-di-tutti ma vi assicuro che la sfilata di fidanzate e fidanzati dei miei amici si è
dimostrata, nel corso degli anni, uno degli avvenimenti più spassosi a cui io
abbia mai assistito. Materiale da best seller! E non è detto che non lo scriva.
“Ho visto cose che voi lettori non potreste
nemmeno immaginare…”.
Eh, sì! Roba da
Quark, YouPorn e Famiglia Cristiana, tutto in una botta sola. D’altronde,
l’ingresso di un estraneo, perché tale viene considerato, nella propria cerchia
di amicizie è paragonabile alla rottura di un piccolo equilibrio interno. E’ la
minaccia che incombe e che se non, opportunamente, gestita può creare dissapori
a volte irrimediabili. E’ dunque normale, se non addirittura obbligatorio,
passarlo ai raggi X e rivoltarlo come un calzino alla ricerca di quel punto
debole che consenta di pronunciare quella celeberrima frase: “io te l’avevo
detto!”. Per questa
ragione mi son trovata di continuo di fronte a soggetti variegati: quali, un Lui o una Lei, fruitori di un italiano improbabile e
dal livello culturale alquanto discutibile. Vi fornisco alcuni esempi:
confondere Beppe Vesicchio con Giuseppe Verdi, affermare che Pollon era per
davvero una dea dell’Olimpo, ordinare al ristorante una bottiglia di Cirio
anziché di Cirò. E ancora uomini che pur di conquistarmi, anzi arruffianarmi,
erano disposti a tutto, persino privarsi di una raccolta dei Gun’s and Roses,
appena acquistata e a lungo ricercata, solo perché io ne andavo matta; oppure
in occasione delle vomitevoli ricorrenze propriamente da innamorati (vedi S.
Valentino), essere omaggiata di piccoli e stucchevoli pensierini. Per non
elencare poi le pizze offerte, i cinema gratuiti, le scorrazzate estive, gli ingressi
omaggio nei locali vip, e così via.
D’accordo,
confesso: c’ho
marciato alla grande! Ma non mi
sembrava educato rifiutare.
Con le
fidanzate poi dei miei amici maschi, le cose non erano poi così diverse. Ero la sua migliore amica, quella
su cui gli occhietti
alla Bamby poco
attecchivano, quella alla quale si sarebbe rivolto lui per un consiglio o
un parere, quella che alla fine dei conti diventava più impegnativa di una
suocera. Ma il mio divertimento maggiore era sottoporre la malcapitata al test della strega.
Quest’ultimo consisteva (o consiste, al presente, visto che ogni tanto lo
rispolvero) nel superamento di tre prove indispensabili da assegnare
all’intrusa: 1) valutare la sua resistenza in una
delle attività più appaganti che una donna può praticare: lo shopping compulsivo; 2) osservare la sua capacità di
godersi la vita, ponendola davanti alla scelta tra un’insalatina scondita ed
una bella pizza margherita con doppia mozzarella; 3) metterla con le spalle al muro ed
obbligarla a manifestare la sua preferenza tra pandoro o panettone.
Poche son
sopravvissute e possono per questo fregiarsi del privilegio di avermi come
amica, mentre quelle che non ce l’hanno fatta le vedo vagare smarrite negli
shopping center, che, con sguardo perso nel vuoto e addentando una carota,
cercano disperatamente nel mese di agosto un pandoro o un panettone.
“Poco male” – penso
tra me e me con sorrido beffardo stampato sulle labbra, godendomi a tutto
volume la voce di Axl sulle note di Sweet Child o’ Mine.
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