Io sono quel genere di
persona che quando qualcuno mi urta per strada, istintivamente chiedo scusa.
Quando poi realizzo, in un paio di secondi circa, che non sono io in torto, con
stupore mi ritrovo davanti l’espressione alquanto irritata dell’altra persona.
Inoltre,
di recente, mi è capitato di assistere ad una scena vergognosa. Sala d’attesa
di un reparto ospedaliero: tre uomini seduti sulle poche poltroncine
disponibili, uno spazio piuttosto limitato, dove è facile incrociarsi con gli
sguardi e scambiarsi qualche occhiata compassionevole. Arriva una donna in
avanzato stato di gravidanza: la sofferenza le si legge in viso. Il medico che
l’ha accompagnata si occupa di predisporre la stanza per la visita; nessuno dei signori uomini seduti
si è alzato per cederle il posto. Osservo la scena e provo
un’incredibile rabbia: credo di avere gli occhi iniettati di sangue. Sento
montare in me un moto di rabbia non appena scorgo la palese indifferenza con
cui degnano la donna mentre passeggia lungo il corridoio attiguo allo scopo di
alleviare i dolori .
Muovo
qualche passo nella loro direzione, come un toro punta un mantello rosso: son
pronta, se necessario, ad urlare tutto il mio sconcerto e la mia
disapprovazione. Sto per fare la mia bella ramanzina, quando vengo
improvvisamente preceduta dalla guardia giurata che, seppur in netto ritardo,
nota l’incresciosa situazione e senza pensarci due volte, e con un tono che non
ammette repliche, chiede cortesemente un posto a sedere per la signora.
Si scostano tutti e tre e fingono mortificazione. Sì, avete letto bene, fingono perché, seppur per un breve istante,
ho scorto una punta di fastidio sui loro visi.
Sfortunatamente,
spettacoli così pietosi, li subiamo di continuo: ormai sono convinta che ogni
minuto in Italia due individui su tre si trasformino in cafoni doc. Non mi
sovviene altro termine “gentile” con cui indicare soggetti del genere. Ma la
maleducazione è divenuta ormai un fenomeno dalle proporzioni dilaganti e la
riconosci non solo nel tizio che ti scavalca mentre sei in fila, o in quello
che con un secco “fatti i ca… tuoi” ti liquida per averlo ripreso a causa
dell’occupazione abusiva di uno spazio riservato ai disabili, ma la vivi anche
e soprattutto sui social
network, dove spesso gli atteggiamenti irrispettosi e le frasi inadeguate
fanno da corollario alla fauna 2.0 bazzicante. Pertanto, mi duole ammetterlo ma
spesso ci si abitua (che brutta cosa!), tanto da giustificarli (e con questo,
si può dire che non abbiamo toccato il fondo, ma l’abbiamo proprio arpionato!).
Eppure,
basta poco per esser più civili ed educati: basta
poco, che c’è vò?!
E’
sufficiente un semplice gesto di cortesia da un perfetto sconosciuto per notare
le sostanziali differenze ed ecco che la lacrimuccia di frustrazione scivola
lungo la guancia. Allo stesso modo di quando ho scoperto che Ricky Martin era
gay!
Tuttavia
il disagio non è appannaggio esclusivo delle generazioni future ma lo noti
anche in quei nonnetti e nonnette dal piglio arcigno che sembrano tanto i sosia
del cattivo Gargamella. A
volte mi fanno proprio paura, giuro!
Quando si
è piccoli, il desiderio di crescere e diventare adulti va di pari passo con la
volontà di esser individui maturi, responsabili ed affidabili. Viene spontaneo
pensare che questa fantasia sia globalizzata e valida per chiunque appartenga
alla tua stessa generazione. Ma da adulto (educato) realizzi che molti si
perdono evidentemente lungo il tragitto, sviluppando in sé la teoria del ti-fotto-prima-io, abbinato
al diritto del se-lo-fanno-tutti-lo-faccio-pure-io. Eh già!
Dinnanzi ad una persona che getta per strada un pezzo di carta, ci sentiamo
autorizzati a fare altrettanto e senz’alcun rimorso.
La Maleducazione emerge quando è presente
un’assenza. Il senso del pudore ed il rispetto altrui diventano fiori nel
deserto arido di città sempre più tecnologicamente avanzate, dagli spazi ancor
più circoscritti, ma prive di rapporti umani veri ed inevitabilmente l’egoismo
che vige in ognuno di noi affiora ed in alcuni soggetti si perfeziona in
cattiveria gratuita. Per non parlare poi dell’ignoranza e della mancanza della
più elementare forma di tolleranza verso ciò che è diverso da noi, interpretato
come un nemico da abbattere, un usurpatore dello status quo, piuttosto che come
un arricchimento culturale.
Come si fa
poi ad ignorare quei genitori che acquistano per i propri figli il
cellulare super high-tech, al solo scopo di festeggiare la fase dello
svezzamento? In maniera analoga come non regalare quel capo così ultra griffato
da far impallidire d’invidia persino Valentino, semplicemente perché ce l’hanno
tutti? Ed è qua che cessa il loro impegno genitoriale. Sebbene oggi non è
facile rivestire il ruolo di padre e di madre, è anche dannatamente vero che se
non hai avuto alle spalle un ambiente familiare, tale da farti distinguere il
bene dal male, è molto arduo che tu possa poi insegnarlo.
Un bambino
educato è un adulto educato. Piantiamola
inoltre con la storiella del perché
io valgo! Lo sappiamo benissimo che molti di quelli che ci girano attorno
in realtà non valgono un emerito ca…rciofo!!!
E
soprattutto evitiamo di far passare questo messaggio, ossia che l’esser
maleducati, tamarri o cafoni (scegliete voi la definizione che più vi aggrada)
paghi. Quindi, io-dico-basta
alla sua celebrazione in ogni luogo, in ogni lago, in ogni mare.
Concludo
con un storiella: la settimana scorsa sono stata “attaccata” per aver espresso
un’opinione del tutto personale su un argomento futile al limite del banale. Il
contrariarmi è più che mai rispettato. Non si può mica essere sempre d’accordo,
e menomale! E poi quando hai l’opportunità di avere uno spazio, in cui poter
palesare nero su bianco le proprie riflessioni, e per di più con un appagante
seguito di attenti ed affezionati lettori (a proposito, grazie! Siete
meravigliosi!), allora metti in conto di “scontrarti” con chi la pensa
diversamente. Il guaio è che io il confronto l’ho sempre vissuto come
un’esperienza che ti arricchisce, laddove esiste un contradditorio all’altezza
e piuttosto stimolante. E non come
un’occasione da rifuggire, anzi. Preferisco ignorare il superfluo e le vacue
elucubrazioni, i quali non fanno altro che portar a galla il peggiore dei vizi:
la mancanza di rispetto.
Quando ciò accade, mi torna in mente un vecchio e saggio proverbio popolare: “Il denaro rende ricco l’uomo, ma
l’educazione lo rende signore!”.
Amen!
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