30 dic 2014

Sono gelosa....EMBE'?!

Se qualcuno pronuncia le parole ardore e rivalità nello stesso frangente, cosa vi viene in mente?
Da un punto di vista maschile, l’associazione è immediata: ardore, ovvero una sessualità prorompente al limite della ninfomania, e rivalità, se l’immaginazione vaga tra ambite e sensuali lotte nel fango agli inevitabili paragoni tra la propria compagna e mammà. Al contrario, da un punto di vista squisitamente femminile, la fregatura è in quella vena romantica che tende a far combaciare il significato dei due termini con quell’originario e risalente all’Antica Grecia.
Pertanto, ardore è inteso come una passionalità coinvolgente e travolgente; mentre rivalità assume più i connotati di un antico duello cavalleresco tra gentiluomini del passato.

Comunque sia, l’unione combinata delle due parole genera uno dei sentimenti che più appartengono all’animo umano e che è intimamente legato a sua maestà Amore: ovvero, la gelosia. E’ innegabile come in ogni tempo ed in ogni cultura sia possibile scovare tracce della sua esistenza, tanto da risultare piuttosto laborioso un suo excursus storico: equivarrebbe infatti a risolvere l’antica questione su chi sia nato prima se l’uovo o la gallina. Quel che è certo è la sua familiarità, il suo piacere sconfinato nel turbare la serenità di una coppia.
Infatti, a seconda delle situazioni o del destino, per chi ama il genere fatalista, la gelosia possiede due differenti anime, una sorta di yin e yang,  tanto da poter distinguere una sua natura bianca, comprendente in una serie di atteggiamenti e stati umani che spesso contribuiscono a rivitalizzare un rapporto in crisi, ed una sua natura nera, ovvero l’esatto opposto.
Sfortunatamente, i recenti fatti di cronaca ci hanno tristemente abituati a scenari più attinenti a quest’ultimo aspetto, perseverando inoltre nell’errore comune di etichettarlo come una forma estrema di gelosia. Ma l’assenza di un istinto protettivo e la facilità con cui un piccolo sospetto sfocia inesorabilmente verso un’azione distruttiva dello status di coppia, sgretolando qualunque sentimento ad esso legato, non rappresentano altro che indizi pericolosi e deleteri di ciò che si fa fatica a riconoscere a prima vista: il possesso.
E’ l’inizio dell’inferno: partono le colpevolizzazioni al partner; il dialogo perde i connotati della civile discussione; le piccole vendette si trasformano in grandi vendette e divengono il pane quotidiano; i veti si moltiplicano assieme ai dubbi sulla fedeltà altrui. Nella maggior parte dei casi, la devastante pressione psicologica che ne consegue per i soggetti coinvolti svuota il rapporto di ogni positività, sostituita da un pessimismo cosmico e da un’incontrollabile paura per un abbandono imminente.

Mettendo da parte queste tinte fosche, insite in ogni essere umano, e ponendo fine alla concezione che la gelosia sia solo ed esclusivamente un sentimento ignobile e dai tratti aggressivi ed egoistici, in queste righe, vorrei focalizzare la mia e la vostra attenzione su quella morsa che involontariamente attanaglia lo stomaco e che, almeno una volta nella vita, ognuno di noi ha sperimentato. In particolare, su quella sensazione primordiale che ci porta a ritenere che il nostro piccolo mondo venga minacciato da un estraneo; su quell’istinto che risveglia il nostro sopito lato animalesco ed attiva un intenso desiderio di protezione verso ciò che riteniamo ci appartenga. E’ impossibile non avvertire o ignorare sensazioni così vivide. E qualora ciò accadesse, beh è semplice supporre che non ci sia Amore.

Sostengo con tutte le mie forze di non credere a coloro che affermano di non nutrire gelosia nei confronti del proprio partner, che si prodigano nel costruire un’immagine personale sicura ed impermeabile alle debolezze emozionali che l’essere gelosi provoca. E’ umanamente impossibile!

Sin dalla più tenera età, sei portato a “tutelare” ciò che consideri tuo, sia che si tratti di una persona in carne ed ossa e sia che si tratti del tuo giocattolo preferito. E’ intuitivo: se si ama davvero qualcuno, non si può restare indifferente davanti ad un corteggiamento poco discreto da parte di terzi o verso un comportamento ambiguo del proprio partner.
L’aplomb (esterna) dalla verve british style, molto queen Elizabeth, non vi salverà, specie se (internamente) vi sentite pervasi dallo spirito bellico ed astioso di Lara Croft circa il potenziale intruso.
Roland Barthes dichiarava: “Come geloso, io soffro quattro volte: perché sono geloso, perché mi rimprovero di esserlo, perché temo che la mia gelosia finisca col ferire l'altro, perché mi lascio soggiogare da una banalità: soffro di essere escluso, di essere aggressivo, di essere pazzo e di essere come tutti gli altri”.

Come socia del club “Sono geloso. Embè?!”, devo ammettere di aver vissuto le quattro fasi e di esser sopravvissuta a quelle aggiunte da me stessa.
Sono una gelosa anomala, in quanto non ho mai ceduto alla tentazione di spiare sms, rubriche telefoniche o email. Una volta ho ipotizzato con meticolosa cura un pedinamento, ma essendo sprovvista di un trench beige e di un borsalino in tinta, alla fine ho rinunciato.
Provo un naturale senso di fastidio quando mi accorgo di strani ammiccamenti rivolti al mio compagno, ma son furba e quindi, senza abbandonare la mia proverbiale ironia, mi applico nel rimarcare la mia presenza in maniera decisa ma non invasiva. E’ una strategia valida a rinsaldare le difese contro la rivale sprovveduta, a cui si sommano comportamenti ed occhiate dirette a trasmettere un messaggio chiaro ed inequivocabile: io ci sono!

Vi assicuro che funziona e lo sguardo appassionato e particolarmente divertito del partner è un’ulteriore conferma nell’aver sfruttato al meglio il proprio lato geloso, trasformando tale sentimento in linfa vitale per il rapporto a due.
In tutta onestà, provo un certo disagio nel confrontarmi con quei soggetti che non riescono ad affrontare le proprie fragilità ed insicurezze amorose. Anzi, le rifuggono e ne occultano le tracce. Quando inizia ad affiorare in noi la consapevolezza che Lui/Lei non potrà mai appartenerci completamente, allora la gelosia muta in energia, in un rinnovato interesse e curiosità per il partner. Acquista un potere “afrodisiaco”, capace di riaccendere quella passione e quel desiderio che con il tempo precipitano nel dimenticatoio di una storia un po’ datata. Ciò accade perché abbiamo il maledetto vizio di dar tutto per scontato, soprattutto se si tratta di Amore e suoi affini.

Uno degli aforismi che più chiarisce le molteplici dinamiche emozionali che si celano dietro la maschera della gelosia appartiene a Paul Bourget:

Si è veramente guariti da una donna solo quando non si è neppure più curiosi di sapere con chi ci ha dimentica”.

E voi a che punto siete della guarigione?

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