Il bianco è decisamente uno di
quei colori che non fa per me. Non ha mai riscosso il mio entusiasmo. Eppure,
c’è stato un periodo della mia vita in cui l’ho indossato quotidianamente, senza
rendermene conto. Finché una mattina, guardandomi allo specchio, l’ho visto e per poco non mi prendeva una
sincope. Così senza pensarci troppo e con un certo fastidio, ho ridotto in
mille brandelli quella divisa da crocerossina che inconsapevolmente mi ero
tatuata sulla pelle per Lui.
Su, iniziamo con la terapia di gruppo: alzi la mano chi
non è mai stata colta, almeno una volta nella vita, dalla famigerata sindrome dell' Io ti Salverò,
ribattezzata da me per l’occasione come la sindrome
di Candy Candy, configurabile come una
delle più tremende perversioni che possano manifestarsi in amore.
Non è poi così complicato riconoscere la crocerossina, la cui versione
maschile corrisponde alla figura del cavalier
servente: si tratta di soggetti che apparentemente mostrano una forte
personalità, ma che in verità nascondono delle fragilità affettive che in
alcuni casi generano dipendenze verso amori problematici e spesso malati.
Proprio come la bionda eroina del cartone, seguono un preciso iter mentale:
ossia, quello di mettere in salvo le
persone a cui si legano, proteggendole, accudendole e sacrificando in questo
modo il proprio benessere psicofisico. Alla base c’è un profondo bisogno di
sentirsi gratificati: la loro presenza continua origina l’illusione di essere
indispensabili nella vita di chi intendono salvare.
Ora vi è più chiaro perché nutro un profondo odio verso Candy Candy?! Dopo lunghi anni di
dolorose contusioni sul grugno, sono consapevole che va addebitata a lei la
progressiva deturpazione della mia infanzia. In fondo, se riesco ancora a
sorridere quando le cose non sempre vanno come vorrei, è perché godo nell’attribuire
a Tarzantuttelentiggini la
responsabilità di ogni personale misfatto. Beh, non sarà politically correct, ma il sollievo che si prova è incommensurabile!
Ad ogni modo, la mia buona sorte, o verosimilmente il mio
cervello, non completamente annebbiato dalle circostanze, mi hanno in qualche
maniera salvata dal varcare la soglia
del baratro. Una voragine da cui sarebbe stato difficile riemergere e nella
quale avrei rischiato di perdere ogni mio spazio personale, ogni mio raggio di
azione, ogni mia libertà di pensiero. Avrei così alimentato in me l’errata
convinzione che il parassita meritava
la priorità assoluta su tutto e su tutti.
Qualunque persona che possa definirsi altruista cammina lungo questa sottile
linea rossa che divide due distinte realtà: quella in cui ti arrabatti con i
tuoi problemi ma tendi una mano verso chi ne ha bisogno, senza sacrificare la
tua identità, e quella in cui i problemi altrui prendono il sopravvento sulla
tua vita ed inizi a nuotare nel letame altrui.
Non
siate presuntuosi nel credere di essere immuni dalla feccia umana da cui siamo
continuamente circondati. Purtroppo, il mondo pullula di esistenze umane
tormentate, di persone talmente inette nell'affrontare le più innocue difficoltà
che la vita ti pone davanti.
Nella
specificità del caso (il mio), ho
inteso quanto vane e deleterie siano apparse le mille energie profuse nell’alleviare,
nel comprendere sino a giustificare i comportamenti dell’emerito stronzobarraegoista. Pardonne-moi, ma mi
torna difficile reperire un sinonimo altrettanto esaustivo.
La
piena consapevolezza di star sprecando parte della mia vita mi ha obbligata a
guardarmi dentro ed è lì che è arrivata l’illuminazione: ossia, che quello che
offrivo e quello che soprattutto ricevevo non
era Amore. Mi ero lasciata incastrare in un meccanismo che lentamente
divorava la mia forza di volontà, annullando il mio equilibrio personale. Il
malessere, la passività e la negatività che Lui
m’infondeva giorno per giorno aveva iniziato a minare la mia autostima e ad
accrescere un continuo senso di frustrazione, indebolendo di conseguenza psiche
e corpo.
Così in
piena coscienza ho urlato BASTA! Ho
girato letteralmente i tacchi, non prima di averli sadicamente provati sul suo
deretano, ed ho invertito la rotta, provando ad amare davvero me stessa più di quanto gli altri avessero mai fatto e
cercando di colmare quei vuoti che inesorabilmente una relazione sbagliata ti
lascia dentro. Mi son buttata alle spalle il passato, stando bene attenta a non
dimenticare, osservando di tanto in tanto le cicatrici che la mia anima
lentamente cercava di ricucire. Ho finalmente aperto gli occhi, son cresciuta
ed ho imparato persino ad individuare i soggetti affetti dalla sindrome di Candy Candy e non riesco a nascondere il mio disappunto
ogniqualvolta li ascolto adoperarsi nel costruire una fitta rete di protezione
che metta al sicuro il proprio partner. Una misura cautelativa in cui non è
anomalo per Candy Candy associare il
bisogno dell’io-ti-salverò con la
necessità dell’io-ti cambierò.
Beh,
ammettiamolo, mie care: questa pratica di voler cambiare Lui ad ogni costo è una delle nostre attività preferite. Mi son
sempre chiesta quale possa essere la molla che spinge noi donne ad arrogarci il
diritto di sapere perfettamente cosa sia meglio o peggio per gli uomini. Se Lui ha solleticato il nostro interesse,
ci ha trasmesso emozioni e brividi, perché cavolo partire con la crociata del
cambiamento?! Vi prego, spiegatemelo,
perché proprio non c’arrivo.
In entrambe le situazioni non attendetevi il lieto fine,
perché le unioni affette dal morbo della crocerossina sono destinate
miseramente al fallimento. Al riguardo riesaminate con attenzione la serie animata
che ha per protagonista la bionda coi codini e le lentiggini: noterete che,
nonostante gli sforzi e l’amore concesso a destra e a manca, non vivrà mai una
relazione serena, ritrovandosi alla fine sola nel perseverare e portare avanti diabolicamente
la sua campagna a favore di un mondo più sicuro. Manco fosse un’attivista di Greenpeace!
Ora in tutta onestà, vale la pena sbattersi così tanto
per un uomo? Per quanto tempo ancora
dovremo portare in groppa la colpa per aver ceduto alla mela del peccato? Per me,
poi le mele trovano una loro ragion d’essere solo se mutano in torta.
Pertanto,
dinnanzi al prossimo essere di sesso maschile che elemosina affetto ed
attenzioni e chiede di essere salvato da se stesso e dalla sua vita complicata,
trasformatevi in Speedy Gonzales e andale andale il più lontano possibile! Anche
perché, se ancora non vi è chiaro, Lui non
è in grado di vivere in un marasma complesso. Non dimenticate che il massimo
della difficoltà per un uomo consiste nel cercare di bere una birra o una coca-cola senza emettere di seguito grugniti
o rumorosi suoni di apprezzamento per la bevanda. Oppure, più semplicemente,
tentare di compiere due azioni contemporaneamente.
Gli
uomini non hanno vite complicate, non vivono di contraddizioni perché tutto ciò
appartiene all’universo femminile: siamo noi donne a crearle, riuscendo ad improvvisare al momento come delle
vere esperte del genere.
Quindi
ricordate una cosa: laddove un uomo si dichiari complicato, assicuratevi che
non si tratti di un trans!
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