E’
semplice, basta una leggera pressione del tasto invio e subito dopo comparirà l’ennesimo messaggio: grazie, la tua candidatura è stata appena
inoltrata! Ed è sufficiente questo per riaccendere speranze che da un po’
di tempo, pure troppo, alternano una strana danza nel mio cervello.
Onestamente,
credo di aver perso il conto di quanti curriculum abbia spedito, consegnato ed
implorato di ricevere.
Per non parlare poi delle rassicurazioni benevoli dell’amico, del fratello, del cognato di un cugino di quinto grado che puntualmente mi garantisce un impegno ed un’attenzione esclusiva. Giorni, settimane e mesi di queste situazioni da mal comune e poco gaudio ed ecco che con solerzia sono in grado di recitare alla perfezione il copione delle frasi da propinare in tali circostanze, sfoderando anche la collezione dei miei migliori sorrisi plastici.
Per non parlare poi delle rassicurazioni benevoli dell’amico, del fratello, del cognato di un cugino di quinto grado che puntualmente mi garantisce un impegno ed un’attenzione esclusiva. Giorni, settimane e mesi di queste situazioni da mal comune e poco gaudio ed ecco che con solerzia sono in grado di recitare alla perfezione il copione delle frasi da propinare in tali circostanze, sfoderando anche la collezione dei miei migliori sorrisi plastici.
Uh! Siete disorientati, eh? Vi siete
lasciati ingannare dal titolo allusivo. Pensavate che la strega si cimentasse
in nuovo tema romanticamente nostalgico e come sempre (e spero che continui ancora per molto) vi spiazzo trattando una
questione attuale e da codice rosso.
Non
potevo ignorare così a lungo la cosa. In realtà, mi vien la nausea tutte le
volte che sento pronunciare la profetica frase "passerà, vedrai...è solo un periodo". Già, periodo, fase
transitoria, ciclo temporaneo. Ed ecco l’inganno: nulla di tutto ciò sembra
aver una durata passeggera e le ventate di ottimismo hanno lo stessa efficacia
di un tiepido e fragile soffio.
A
volte maledico di essermi laureata in economia per non comprendere
quell’ammasso di notizie, dati, ed informazioni riguardanti la reale situazione
finanziaria, e restare all’oscuro di tutto, vivendo nella più completa e beata
ignoranza. Tuttavia, lo sconforto cresce e non solo per ciò che filtra
attraverso i media nazionali, ma anche e soprattutto per il panorama desertico
che ho scoperto camminando lungo le vie della mia città.
I
cartelli con su scritto "chiusura
attività", "cedesi attività", "fittasi", "in fallimento", mostrano che la crisi
non è per nulla una leggenda ma una realtà che ha già allungato le sue ombre
sul quotidiano a noi vicino. Quest’anno forzatamente sabbatico ha saputo darmi
molto, ma ha saputo togliermi anche tanto: sul dare,
posso enumerare le numerose testimonianze di giovani e meno giovani(?), ossia i
40enni/50enni, demoralizzati perché esclusi dai giochi di mercato, privi di un mantenimento
dignitoso e commisurato alla propria specializzazione e/o alla propria
esperienza professionale. E’ attraverso questo punto di confronto che ho
scoperto che la disoccupazione moderna è
senz’età e spesso senza regole, ovvero può investire chiunque, dal semplice
operaio sino al blasonato quadro dirigente. Sul togliere, invece, è talmente intuitivo che eviterò di scriverlo per
non dover deprimere anche voi.
Troppo qualificata, poco qualificata, troppo
giovane, troppo vecchia, troppo alta, troppo bionda, troppo terrona. In un anno ne ho sentito di tutti i
colori. E se all’inizio puntavo a selezionare settori vicini al mio background
professionale, col passar del tempo ho dovuto abbassare decisamente le mie
aspettative ed i miei standard, includendo nella lista anche ambiti e funzioni
al di sotto delle mie competenze. E tutto questo perché noi italiani non
dobbiamo esser bamboccioni e choosy, ma adeguarci alla flessibilità
che al di là dei nostri confini sembra la panacea di tutti i mali. Sembra, ma non è.
Basta
affacciarsi oltre e dare uno sguardo al resto dell’Europa: purtroppo, la
situazione non mostra trend di crescita positiva ed il tasso di disoccupazione
è balzato a livelli esponenziali. E mentre i diversi capi di governo, le
associazioni sindacali, i numerosi membri del gota economico, il Papa e tutti i
Santi del Paradiso, analizzano, (pregano), implementano politiche di risanamento, sbloccano fondi economici per
risollevare le sorti della popolazione “attiva”, ovvero dei senza lavoro di età
compresa tra i 18-29 anni, IO, nel frattempo, m’interrogo, non senza far comparire
sulla mia fronte una nuova ruga: ma di quale morte dovremo morire noi
disoccupati che rientriamo invece nelle fasce di età tra i 30-50 anni?
Come
si fa a non valutare attentamente le implicazioni psicologiche che si celano
dietro ad un inoccupato maturo? Da
tale individuo ci si attende, vista l’età, la produzione di un certo reddito e
che pertanto possa mantenere e garantire un futuro alla propria famiglia. Ma
cosa succede quando gli viene negata la possibilità di far fronte alle sue
responsabilità di cittadino, di padre, di marito, di uomo? La migrazione all’estero come avveniva agli inizi del secolo
scorso è ahimè un’eventualità che oggi non può ritenersi una valida soluzione. Le
prospettive di un avvenire più roseo in terra straniera non paiono così
allettanti. Le ragioni, gli impedimenti, potrebbero essere tanti e tutti personali, ma probabilmente il freno maggiore
è costituito da una mancanza di coraggio, seguito da una certa dose di
avvilimento, nell’affrontare un futuro ancor più incerto ed instabile.
Un
disoccupato 40enne non è meno importante di un disoccupato 26enne, ma mentre a
quest’ultimo si può rifilare la locuzione da oracolo “pazienta, sei giovane ancora, le cose miglioreranno...”, al maturo invece è sconsigliato ripeterla,
a meno che non si voglia ricevere come risposta una sputacchiata in un occhio!
E
poi, vogliamo parlare della tanto famigerata esperienza richiesta un po’ dovunque, senz’alcuna distinzione se
dietro un’infernale fotocopiatrice o un caotico bancone da bar? Spiegatemi,
allora perché passa in secondo piano quando si tratta dei disoccupati maturi? Scommetto
che a qualcuno di voi sarà capitato di avere a che fare con un 25enne pieno di
arroganza, laureato in SoTuttoIo, che
davanti ad una situazione di problem
solving annaspa, il suo viso assume un colorito giallo-terrore, e farfuglia
in pieno stato confusionale. Strano...
non vi sembra il ritratto di alcuni soggetti, visti di recente in Parlamento,
arrivati alla gloria come i paladini del malcostume politico italiano?
Comunque,
ad una conclusione sono giunta: essere
terrona è stata la mia benedizione! Ma sì! Dopotutto, noi al sud siamo
geneticamente abituati alla disoccupazione: è da secoli abbinata alle altre tre
allegorie meridionali pizza, mafia e mandolino! E la nostra capacità di
affrontare le difficoltà quotidiane è ben nota, tanto da essere i pionieri
della cosiddetta “arte dell’arrangiarsi”. Chissà, magari, un giorno qualcuno ne
analizzerà a fondo le caratteristiche, i modi di fare, le filosofie che
sottostanno a determinati atteggiamenti, evidenziando così una delle nostre
migliori abilità: ridere delle proprie
disgrazie, anche se lo stomaco è vuoto!
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