29 dic 2014

Voglio sposare uno chef....



Confesso che ultimamente sono perseguitata da un sogno ricorrente al limite del proibito: ovvero quello di scoprirmi felicemente sposata con uno chef!

            Cosa c’è di proibito, vi chiederete!
Beh, innanzitutto la circostanza che quel bastardo del mio inconscio mi rimanda immagini luculliane da risveglio dei sensi dormienti, pur sapendo che certe prelibatezze, sebbene solo fantasticate, sono poste da me al bando, a causa dell’unico buon proposito messo in atto ed ancora in vigore, ossia quello di mettermi a dieta ferrea senz’alcuna possibilità di ritorno al passato. L’altra anomalia onirica risiede nell’idea di ritrovarmi maritata. Questo sì che riserva dell’incredibile, specie per una che come me rifugge lo status di “coppia” da tempo immemorabile.
Soffro di iperventilazione se Lui mi ripete a memoria e con una certa nonchalance il mio numero di cellulare; non parliamo poi di quando non mostra alcun vuoto di memoria circa la mia data di nascita. Figuriamoci, con una fede al dito: rischio l’autocombustione.

            Tuttavia, sarà per la mia verve creativa, ma devo ammettere che mio marito (uh, l’ho scritto e sono ancora viva!) è decisamente un partner da sogno: occhi neri, intensi e profondi da sembrare due bonbon di liquirizia; un corpo statuario da fare invidia ad un tacchino americano in ghingheri per il Ringraziamento; un sorriso bello ed accattivante, da shakerarti l’anima alla stregua delle uova sbattute da un robot da cucina; ed infine mani così incantevoli da desiderare di essere al posto dell’impasto che sta palpando.
Oh, se proprio mi tocca annusare il profumo dei fiori d’arancio, concedetemi il lusso di immaginarmi accanto ad uno strafigo di chef!

            Il legame tra eros e cibo esiste indiscutibilmente sin dalla notte dei tempi. Possiede una natura ancestrale e come tale diventa difficile, se non addirittura impossibile, attribuire un periodo storico al suddetto, considerando che ad oggi non cessano di essere le attività maggiormente praticate dagli esseri umani.
Si potrebbe iniziare enunciando i baccanali, ossia i rituali propiziatori, organizzati ai tempi dell’Antica Roma (anche se le origini, rispetto a questo periodo, potrebbero essere ancor più antecedenti), in onore del dio Bacco (Dionisio per i Greci). Si trattava di vere e proprie feste orgiastiche dai toni mistici, a cui non mancavano i sacrifici animali, offerti alla divinità in occasione della semina. Dai festini goliardici targati SPQR, l’attenzione può spostarsi sulle pratiche e sulle tradizioni appartenenti a culture diverse da quella occidentale.
Al riguardo, è praticamente impossibile non menzionare il body sushi (o naked sushi). Il Nyotaimori, letteralmente “presentazione del corpo”, tornato in voga anche ai giorni nostri, ha radici risalenti al XVII secolo e rappresentava un privilegio concesso a pochi eletti, consistente nell’offrire e nell’esibire sushi e sashimi sul corpo nudo di una donna. Secondo la serafica filosofia nipponica, pare infatti che il calore del corpo doni una naturale esaltazione del gusto. Il rituale prevedeva pertanto un lungo addestramento da parte delle donne selezionate a trasformarsi in piatto umano, per meglio abituarsi all’immobilità forzata ed allo shock termico dovuto al cibo sull’epidermide.

Meno nobile, ma dotato di un effetto altrettanto insolito, è il moderno sploshing, durante il quale, eludendo ogni tipo di metafora, ci si scaglia contro il cibo. Lo scopo consisterebbe nel ricreare un’atmosfera infantile e festosa tra cibo e corpo, in particolare quel momento che precede l’entrata in scena delle posate e di conseguenza del rispetto delle regole da adottare per il cosiddetto bon ton da tavola. Chi partecipa a questi sploshing party, in genere vestito, viene praticamente ricoperto, spalmato, impiastricciato da pietanze di ogni genere per poi esser assaggiato, assaporato, degustato, leccato dal partner, come un nuovo cibo da tastare ed esplorare, assecondando così l’istinto per le contaminazioni culinarie in un’apoteosi riservata ai soli cinque sensi.
Due piccoli consigli: a) se avete intenzione di organizzare una seratina sploshing, attrezzatevi con delle grandi tele cerate o con degli enormi teli in plastica (Dexter docet); b) evitate infine di indossare un Valentino se non vorrete elencare tutti i Santi del Paradiso per il resto della vostra vita.
            Non sto certo qui a dirvi quale sarà la prevedibile conclusione di una simile festicciola: la fantasia in questi casi fa miracoli!

            Se risulta a tutti evidente quanto il cibo e l’arte di seduzione vadano di pari passo, in quanto entrambi sono in grado di stimolare in maniera eguale i nostri recettori del piacere, è altrettanto sconfortante scoprire quanto io sia stata sfortunata nel non aver ancora incontrato un uomo talmente bravo ai fornelli da spronare al meglio le mie sinapsi da buongustaia. Adesso l’interpretazione del mio sogno ricorrente non appare più nebulosa, vero?
            Ammetto di essere una gran rompipalle quando si tratta di cucina: ho il maledetto vizio di osservare e di non riuscire a trattenermi dall’esprimere il mio parere in merito a ciò che i miei occhi memorizzano. Però, compenso con un’innata curiosità che mi ha consentito nel tempo di sperimentare nuovi sapori e nuovi mondi.

            Tornando, tuttavia, al mio excursus sentimentale, la memoria m’invia le immagini un po’ sfocate di cenette e pranzi da favola, dove il palato dei commensali veniva letteralmente coccolato dalla bontà dei piatti da me preparati. Sostanzialmente, ho sempre cucinato io! Alla fine dei conti, posso ritenermi soddisfatta dell’onesto pareggio, creatosi tra seduzione ed arte culinaria. Non mancano di certo gli episodi esilaranti al limite del tragicomico. Ho visto uomini dialogare con casseruole; ho assistito a veri e propri cori da stadio per incitare l’acqua a bollire; ho alzato gli occhi al cielo rassegnata quando Lui tentò di far passare per nouvelle cuisine una tristissima pasta al burro; ho scandagliato il web, rivoltandolo come un calzino, alla ricerca di quel famigerato sughetto con le verdure che tanto lo esaltava per poi scoprire con un certo fastidio che si trattava di un banalissimo ragù; ed infine ho dovuto ingoiare, fingendo un orgasmo culinario davanti a cibi dall’aspetto sofisticato ma dal sapore di polistirolo, sognando una carbonara godereccia!

           
Escludendo però questi piccoli incidenti di percorso, bisogna affermare che poter cucinare assieme è uno di quei piaceri che non si dovrebbe smarrire mai, perché favorisce la possibilità di un contatto fisico a lungo sperato: infatti, un tocco leggero qua, uno sfioramento là, ed è subito chiaro se ci sta o se è solo affamato/a.

Le migliori conversazioni nascono proprio a ridosso dei fornelli, in quanto il cibo è unione e condivisione. E poi preparare la cena in un ambiente familiare, come la propria cucina, agevola la sensazione di naturale sicurezza, potendosi muoversi in piena libertà e calma, senz’alcuna fretta, affinché ogni ingrediente arrivi alla sua piena esaltazione.

            E poi se la situazione segue le più rosee delle previsioni, senza dover per questo ricorrere ai tarocchi o alla palla di vetro, ricordate che ..... il letto è sempre in fondo a destra.

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