Chiunque di noi, almeno una volta nella vita
o forse anche più di una singola volta, sarà stato colto dall’insana fantasia
di rivestire i panni di Micheal Douglas in "Un
giorno di ordinaria follia". E, sempre allegoricamente, avrebbe voluto abbandonarsi a quell’irrazionale
sensazione di violenza, che conduce a sfogare la rabbia, lo stress accumulato,
la frustrazione e il senso di impotenza verso qualunque cosa si trovi a portata
di mano, identificando in quel preciso oggetto il viso del proprio capo
ufficio, del partner, dell’ex, dell’amico traditore, della vicina rompiballe.
Oh,
su dai, confessate l’inconfessabile: abbiamo tutti immaginato le più becere torture, le punizioni più creative
ed un insieme di pugni e cazzotti da far sembrare Bud Spencer un moccioso della
Pampers!
A
quanto pare da oggi tutto ciò può trasformarsi in realtà...o quasi tutto. Intendo dire che si potrà entrare in una stanza,
adeguatamente arredata di oggetti e suppellettili fragili, e muniti di una mazza
di ferro, ci si libererà di ogni emozione repressa, sfasciando tutto quello che
capita a tiro, ovviamente sulle note di una playlist scelta per l’occasione. E
la cosa folle è che si paga per abbattere (letteralmente) le
tensioni ed i nervi a fior di pelle.
Dopo aver
spopolato negli Stati Uniti, sua terra d’origine (vi stupisce forse?!), ed in buona parte dell’Europa, arriva anche in
Italia la camera della rabbia (o anger
room), una stanza in piena regola adibita a supportare le frustrazioni accumulate
durante la settimana. Dopo aver indossato l’armatura preposta, rappresentata da
ginocchiere, gomitiere, guanti, scarponi antinfortunio, maschera protettiva e
casco, s’inizia a spaccare, mandando
in frantumi le ansie e le inquietudini dovute, ad esempio, al traffico
impazzito, alle code agli sportelli pubblici, alle paranoie del partner, alle
nevrosi familiari, alle discussioni fra colleghi, ecc.
Ci s’illude così di
demolire le delusioni, i fallimenti e le insoddisfazioni personali, eludendo
perciò il rischio di indossare una camicia di forza o di esser sottoposti ad un
trattamento sanitario obbligatorio per sopraggiunta follia.
Trentacinque
euro per un’ora di libero sfogo. E’ questo il prezzo da pagare per oltrepassare
la soglia del capannone, decorato da graffiti ispirati alla street art e nascosto nelle campagne
forlivesi, dov’è possibile lasciarsi andare alla rabbia più distruttiva.
Trentacinque euro per un business che ha radicalmente svoltato la vita del titolare, Cristian Castagnoli. Trentacinque
euro per un pellegrinaggio senza fine e dall’inaspettato successo. Mobili,
bottiglie di qualunque forma e dimensione, sedie, vetrinette, vasi: tutto
concorre all’obiettivo di demolizione.
Ammetto che la cosa non mi
stupisce affatto! Inoltre, l’età varia tra i 18-40 anni ed il desiderio di
vivere un’esperienza così forte entusiasma tanto il disoccupato quanto l’insegnante;
tanto l’impiegato nevrotico quanto i futuri sposi sull’orlo di una crisi da
panico pre-nozze. Una musica, la cui scelta altalenante va dai Metallica a
Mozart, accompagna il percorso di devastazione verso ogni negatività: lo sforzo
fisico dunque si proietta verso il raggiungimento di un particolare stato
mentale, il più possibile vicino al proprio concetto di serenità. Di
conseguenza, scheggia dopo scheggia, coccio dopo coccio, bastonata dopo
bastonata, per assurdo che possa apparire, la rabbia inizia a dissolversi ed
ogni sua somatizzazione si sbriciola come la damigiana appena abbattuta.
Personalmente,
mi sembra alquanto sconsiderato attribuire all’anger room il ruolo di panacea per ogni frustrazione umana. E m’interessa
poco l’attenzione mostrata dai promotori di tale fenomeno nell’arredare la camera a seconda delle esigenze del
cliente. Ebbene sì, selezionare specificatamente
un ambiente da sfasciare, magari somigliante al proprio ufficio oppure ricreare
uno scenario quanto mai familiare, attraverso
l’uso di arredi personali, non rappresenta affatto una richiesta inconsueta.
Sì, decisamente
mi frega poco. I dubbi sulla validità di tale strumento non sono svaniti, anzi
si sono trasformati in solide certezze, specie dopo averli esternati ad una
psicologa esperta, a cui mi son rivolta nella speranza (forse, in parte) di venir smentita.
Esiste
un’ampia letteratura scientifica che mostra come l’equilibrio tra corpo e
psiche sia raggiungibile solo attraverso una corretta gestione delle proprie
emozioni. Attenzione, non controllo
ma gestione. E’ una sottile ma
fondamentale differenza. Reprimere, costipare, soffocare un’emozione forte,
qual è la rabbia o l’ira, costituiscono azioni che inevitabilmente creano un
disturbo generalizzato, tale da sfociare in svariate sintomatologie che poi
andranno naturalmente a compromettere l’intero benessere psico-fisico
dell’individuo. Alessandra, la psicologa a cui ho chiesto lumi, con la calma
che contraddistingue professionisti del suo calibro, non ha nascosto le sue
perplessità in merito alla camera della rabbia.
Entrambe concordiamo sulla valutazione che essa rappresenti né più e né meno
che una moda, un passatempo, un sistema alternativo per lucrare e far business.
La novità da sperimentare e con cui divertirsi in compagnia degli amici, magari
scommettendo su “chi spacca di più”, non di certo una terapia da consigliare a
chi ogni giorno lotta contro una patologia seria, quale la gestione della
rabbia.
Infatti, il
percorso per decodificare, analizzare, identificare le cause da cui si
originano gli attacchi violenti di collera non è certamente una passeggiata. E’
un cammino psicologico lungo; costoso, per il soggetto che deve intraprenderlo,
sia da un punto di vista fisico che mentale e particolarmente difficile da
influenzare.
L’ira è di per sé uno sei sentimenti più potenti dell’animo umano,
impetuoso ed intenso. Non va tuttavia vista solo
come un’energia negativa, in quanto se opportunamente dosata e rielaborata,
può mutare in determinazione e grinta, ovvero in emozioni indispensabili per
affrontare momenti e situazioni con cui la vita spesso ci rapporta.
In pratica,
urlarla, sfogarla, liberarla produce gli stessi effetti deleteri del
reprimerla, ingoiarla, celarla. Ciò che spesso viene sottovalutato, o peggio
ignorato, è che contrapposta alla rabbia vi sia la tristezza: sentimento socialmente più gradito. Lasciarsi andare,
abbandonare ogni tabù interiore in grado di frenare collera, rancore ed
irritabilità, può causare la rottura di steccati emozionali e stati d’animo
depressivi a lungo soffocati. Ecco perché è fondamentale che dall’altra parte
ci sia una persona competente, uno psicoterapeuta idoneo ad arginare il fiume
in piena e tamponare con un’adeguata terapia psicologica ogni eventuale scatto
violento.
Parlare di
rabbia non può prescindere dal menzionare l’altra faccia della medaglia, ossia
l’intelligenza emotiva. In pratica,
si tratta di smettere di credere che la rabbia possa esser testata attraverso stravaganti
valvole di sfogo. Essa non è altro che uno dei più potenti afrodisiaci emotivi,
in grado di sedurre e persuadere l’individuo sino a trascinarlo nella
confusione più totale. Pertanto, il turbamento che ne consegue contribuisce ad
etichettare la rabbia come un elemento difficile da contenere. In realtà, l’ira
va riorganizzata, rimodulata, rigenerata in
maniera costruttiva, attribuendo ad essa un senso completamente diverso da
quello della disapprovazione o della spettacolarizzazione sociale. Basta
soffermarsi un attimo ad osservare quanto la collera sia divenuta uno dei
fattori trainanti della maggior parte dei reality moderni. L’uso, o meglio l’abuso, di un sentimento simile in
programmi ad alto impatto mediatico ha letteralmente consacrato la collera in un
vero e proprio diritto. Diventa
dunque normale reagire violentemente a qualunque ingiustizia subìta, giustificando
in tal modo ogni azione ed ogni mezzo volti ad ottenere vendetta e di
conseguenza rispetto.
Esser dotati
di intelligenza emotiva significa
proprio operare secondo lo schema contrario: ovvero, confrontarsi con i propri
limiti sensazionali ed imparare a maneggiarli
con cura, evitando così comportamenti autolesionisti.
Dopotutto, non dimenticate che la rabbia nasce e trova
terreno fertile laddove la pazienza è stata messa più volte a dura prova.
Quindi pensateci cinque, dieci, ma anche venti volte prima di rompere consapevolmente gli zebedei al prossimo!
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